Intervista al M° Fabrizio Pozzi
…Oggi pubblichiamo una breve intervista al Dott. Fabrizio Pozzi di Roma, recentemente nominato membro della Commissione Tecnica per il settore Baguazhang della Federazione Italiana Wushu Kung Fu
I: Ciao Fabrizio!
F: Ciao. Inizio col dire che è piuttosto surreale farsi intervistare da voi. Proseguiamo pure!
I: Raccontaci un po’ di te… come è nata la passione per le arti marziali cinesi?
F: arti marziali cinesi? Io volevo fare il Ninja! Che volete, quando ero piccolo la mania per Bruce Lee era al culmine e sull’onda del suo successo arrivarono sugli schermi film come “Il Guerriero Americano” o altri telefilm del genere. Si faceva la fila alla sala giochi per Street Fighter II e quando uscì “Bloodsport” fu l’ennesimo boom del mercato delle arti marziali, con i pro e i contro che ben conosciamo.
I: Allora perché proprio il Kung Fu?
F: Sono cresciuto con la Cina in casa; mio zio Francesco viaggiava con la Nazionale Italiana di Baseball e ha presto riempito la casa di famiglia di “cineserie”… all’età di 7 anni ho iniziato a mangiare gli spaghetti con le bacchette cinesi per gioco… a 13 anni ho iniziato con il Kung Fu ed a 16 mio zio Pino mi ha portato ad Hong Kong per il mio primo viaggio in Oriente.
I: Hai viaggiato molto?
F: Con una certa frequenza; sia per studio che per lavoro che per piacere personale.
I: Da insegnante: come strutturi la tua lezione e cosa ritieni essere più importante per la crescita tecnica di chi studia?
F: Non è importante dare una struttura alla lezione; è importante dare un metodo a chi studia. Lo studio e la comprensione dei meccanismi che fondano ogni sistema di pensiero sono la base del successo: questo vale per le arti marziali come per la fisica, la matematica, la medicina. Attraverso questo mi aspetto che uno studente apra la sua mente alla critica costruttiva, cresca e abbia autonomia di giudizio e sia sicuro delle proprie conoscenze, oggettivo nei confronti di chi insegna e pronto a contraddirlo quando serve (perché chi insegna è un uomo come tutti), severo con se stesso e rigoroso nella pratica; il miglioramento tecnico è una conseguenza dell’addestramento che uno decide di imporsi. Questo significa mostrare rispetto verso chi ti insegna, non fargli l’inchino quando lo incontri.
I: Sei soddisfatto del tuo percorso da insegnante?
F: Non so dare un giudizio sul mio percorso da insegnante; sono antipatico come insegnante, questo posso dirlo con certezza empirica. Per il resto ogni persona che ha iniziato e continua ad allenarsi insieme a me è partita da un punto ed ha raggiunto risultati soddisfacenti... che la cosa abbia interessato più il livello tecnico di quello culturale, lo stato di salute o altri aspetti poco importa. Ognuno di loro ha una storia e posso solo ritenermi contento di aver contribuito in parte al loro benessere. Inoltre il livello delle persone che costituiscono questo gruppo è molto alto: ci sono esperti di altre arti marziali cinesi, giapponesi e sport da ring, persone di cultura molto elevata che contribuiscono al miglioramento di tutti, incluso il sottoscritto. La soddisfazione di un insegnante è data soprattutto da chi frequenta l’ambiente di allenamento.
I: Il Maestro Zhang Dugan: ci vuoi parlare di lui?
F: E’ un Maestro dal livello tecnico eccezionale. Non vado oltre questo personale giudizio. Sai bene che farei altrettanto se mi chiedessi di altri Maestri che ho incontrato e incontrerò in futuro: ritengo pregiudizievole, scorretto e poco equilibrato dare giudizi sulle persone al di fuori della sfera professionale… va concesso a tutti il diritto di avvicinarsi e conoscere chi decidiamo di avere di fronte e soprattutto chi scegliamo come insegnante. Senza contare che un giudizio esaltante od eccessivamente critico non gioverebbe all’immagine del Maestro stesso.
I: Qual è, secondo te, il senso della pratica di un sistema complesso come il Baguazhang?
F: Per come la vedo io, la complessità di un sistema è un qualcosa di molto soggettivo e spesso sfortunatamente accostato a “poco pratico”. Non credo che sistemi diversi dal Baguazhang siano meno complessi o efficaci; aggettivi come “complesso”, “raffinato”, “ricco” rientrano in quella categoria di stereotipi pregiudizievoli che vanno ad alimentare un’insana competizione tra stili e, oltretutto, non aggiungono niente all’efficacia di un sistema. Tutto questo ha danneggiato e continua a danneggiare l’immagine di tutte le arti marziali. Il senso della pratica, come ho già scritto in altra sede, dovrebbe essere imparare a combattere; oggi studiamo arti marziali per sopravvivenza culturale più che per necessità oggettive (impara a sparare se vuoi essere pratico e veloce). Dedicare se stessi ad un’arte, non necessariamente marziale, raffinare la propria pratica, la ricerca della perfezione, divenire un tutt’uno con l’arte stessa… rende migliore l’uomo, lo evolve e lo rende libero in ogni senso.
I: La F.I.Wu.K.: raccontaci della tua esperienza in Federazione.
F: E’ stata un’opportunità del tutto casuale e, in un certo senso, arrivata al momento giusto: con il M° Paolo Chilelli avevamo pianificato da tempo di organizzare per conto nostro ciò che ora stiamo cercando di realizzare in F.I.Wu.K.; dopo l’ennesimo incontro ci siamo lasciati con i progetti chiari in testa e gli step da intraprendere. La sera stessa mi squilla il cellulare e Paolo mi dice “Fabrì, non ci crederai: sai che ho appena attaccato il telefono con il Presidente della F.I.Wu.K. che mi ha chiesto di prendere un ruolo per il Baguazhang in Federazione? Che ne pensi?”. Da li siamo partiti coinvolgendo le persone che ritenevamo potessero condividere il nostro stesso progetto e per il momento credo che tutti stiano rispondendo bene. Siamo un gruppo eterogeneo, senza pregiudizi, ognuno con la sua autonomia; siamo gente per bene di sani princìpi, capaci di stare in gruppo in modo costruttivo e di condividere, a prescindere dalle origini, dall’età o dall’esperienza di ognuno di noi. Paolo in questo sta lavorando bene. Per il momento quindi posso dire che l’esperienza in Federazione è positiva.
I: Ultima domanda: un consiglio per gli appassionati e praticanti di Baguazhang?
F: Allenatevi con costanza soprattutto quando siete soli non va bene come risposta, vero? Ok, allora diciamo che il mio consiglio è di tenere a mente alcune cose: la passione è il fuoco necessario per poter praticare con entusiasmo; la strada da percorrere per raggiungere un alto livello richiede perseveranza; il metodo di studio è lo strumento per rendere di qualità il tempo che dedichiamo all’addestramento. Tutto questo viene distrutto in poco tempo dal più subdolo dei nostri demoni: la pigrizia.
I: Ciao Fabrizio!
F: Ciao. Inizio col dire che è piuttosto surreale farsi intervistare da voi. Proseguiamo pure!
I: Raccontaci un po’ di te… come è nata la passione per le arti marziali cinesi?
F: arti marziali cinesi? Io volevo fare il Ninja! Che volete, quando ero piccolo la mania per Bruce Lee era al culmine e sull’onda del suo successo arrivarono sugli schermi film come “Il Guerriero Americano” o altri telefilm del genere. Si faceva la fila alla sala giochi per Street Fighter II e quando uscì “Bloodsport” fu l’ennesimo boom del mercato delle arti marziali, con i pro e i contro che ben conosciamo.
I: Allora perché proprio il Kung Fu?
F: Sono cresciuto con la Cina in casa; mio zio Francesco viaggiava con la Nazionale Italiana di Baseball e ha presto riempito la casa di famiglia di “cineserie”… all’età di 7 anni ho iniziato a mangiare gli spaghetti con le bacchette cinesi per gioco… a 13 anni ho iniziato con il Kung Fu ed a 16 mio zio Pino mi ha portato ad Hong Kong per il mio primo viaggio in Oriente.
I: Hai viaggiato molto?
F: Con una certa frequenza; sia per studio che per lavoro che per piacere personale.
I: Da insegnante: come strutturi la tua lezione e cosa ritieni essere più importante per la crescita tecnica di chi studia?
F: Non è importante dare una struttura alla lezione; è importante dare un metodo a chi studia. Lo studio e la comprensione dei meccanismi che fondano ogni sistema di pensiero sono la base del successo: questo vale per le arti marziali come per la fisica, la matematica, la medicina. Attraverso questo mi aspetto che uno studente apra la sua mente alla critica costruttiva, cresca e abbia autonomia di giudizio e sia sicuro delle proprie conoscenze, oggettivo nei confronti di chi insegna e pronto a contraddirlo quando serve (perché chi insegna è un uomo come tutti), severo con se stesso e rigoroso nella pratica; il miglioramento tecnico è una conseguenza dell’addestramento che uno decide di imporsi. Questo significa mostrare rispetto verso chi ti insegna, non fargli l’inchino quando lo incontri.

F: Non so dare un giudizio sul mio percorso da insegnante; sono antipatico come insegnante, questo posso dirlo con certezza empirica. Per il resto ogni persona che ha iniziato e continua ad allenarsi insieme a me è partita da un punto ed ha raggiunto risultati soddisfacenti... che la cosa abbia interessato più il livello tecnico di quello culturale, lo stato di salute o altri aspetti poco importa. Ognuno di loro ha una storia e posso solo ritenermi contento di aver contribuito in parte al loro benessere. Inoltre il livello delle persone che costituiscono questo gruppo è molto alto: ci sono esperti di altre arti marziali cinesi, giapponesi e sport da ring, persone di cultura molto elevata che contribuiscono al miglioramento di tutti, incluso il sottoscritto. La soddisfazione di un insegnante è data soprattutto da chi frequenta l’ambiente di allenamento.
I: Il Maestro Zhang Dugan: ci vuoi parlare di lui?
F: E’ un Maestro dal livello tecnico eccezionale. Non vado oltre questo personale giudizio. Sai bene che farei altrettanto se mi chiedessi di altri Maestri che ho incontrato e incontrerò in futuro: ritengo pregiudizievole, scorretto e poco equilibrato dare giudizi sulle persone al di fuori della sfera professionale… va concesso a tutti il diritto di avvicinarsi e conoscere chi decidiamo di avere di fronte e soprattutto chi scegliamo come insegnante. Senza contare che un giudizio esaltante od eccessivamente critico non gioverebbe all’immagine del Maestro stesso.
I: Qual è, secondo te, il senso della pratica di un sistema complesso come il Baguazhang?
F: Per come la vedo io, la complessità di un sistema è un qualcosa di molto soggettivo e spesso sfortunatamente accostato a “poco pratico”. Non credo che sistemi diversi dal Baguazhang siano meno complessi o efficaci; aggettivi come “complesso”, “raffinato”, “ricco” rientrano in quella categoria di stereotipi pregiudizievoli che vanno ad alimentare un’insana competizione tra stili e, oltretutto, non aggiungono niente all’efficacia di un sistema. Tutto questo ha danneggiato e continua a danneggiare l’immagine di tutte le arti marziali. Il senso della pratica, come ho già scritto in altra sede, dovrebbe essere imparare a combattere; oggi studiamo arti marziali per sopravvivenza culturale più che per necessità oggettive (impara a sparare se vuoi essere pratico e veloce). Dedicare se stessi ad un’arte, non necessariamente marziale, raffinare la propria pratica, la ricerca della perfezione, divenire un tutt’uno con l’arte stessa… rende migliore l’uomo, lo evolve e lo rende libero in ogni senso.
I: La F.I.Wu.K.: raccontaci della tua esperienza in Federazione.
F: E’ stata un’opportunità del tutto casuale e, in un certo senso, arrivata al momento giusto: con il M° Paolo Chilelli avevamo pianificato da tempo di organizzare per conto nostro ciò che ora stiamo cercando di realizzare in F.I.Wu.K.; dopo l’ennesimo incontro ci siamo lasciati con i progetti chiari in testa e gli step da intraprendere. La sera stessa mi squilla il cellulare e Paolo mi dice “Fabrì, non ci crederai: sai che ho appena attaccato il telefono con il Presidente della F.I.Wu.K. che mi ha chiesto di prendere un ruolo per il Baguazhang in Federazione? Che ne pensi?”. Da li siamo partiti coinvolgendo le persone che ritenevamo potessero condividere il nostro stesso progetto e per il momento credo che tutti stiano rispondendo bene. Siamo un gruppo eterogeneo, senza pregiudizi, ognuno con la sua autonomia; siamo gente per bene di sani princìpi, capaci di stare in gruppo in modo costruttivo e di condividere, a prescindere dalle origini, dall’età o dall’esperienza di ognuno di noi. Paolo in questo sta lavorando bene. Per il momento quindi posso dire che l’esperienza in Federazione è positiva.
I: Ultima domanda: un consiglio per gli appassionati e praticanti di Baguazhang?
F: Allenatevi con costanza soprattutto quando siete soli non va bene come risposta, vero? Ok, allora diciamo che il mio consiglio è di tenere a mente alcune cose: la passione è il fuoco necessario per poter praticare con entusiasmo; la strada da percorrere per raggiungere un alto livello richiede perseveranza; il metodo di studio è lo strumento per rendere di qualità il tempo che dedichiamo all’addestramento. Tutto questo viene distrutto in poco tempo dal più subdolo dei nostri demoni: la pigrizia.
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